Storie di band rimaste al confine per molto tempo, quella che si
legano i finlandesi Androids sono le classiche vicissitudini che
narrano di una compagine, e del loro disco di debutto che, pubblicato
in un'epoca di transizione, ovvero l'inizio degli anni novanta, vide
la luce dopo mesi e mesi di gestazione, grazie all'operato di una
label indipendente che, com'è facile prevedere, non riuscì a
garantire una degna distribuzione ad un disco che, naturalmente, era
divenuto la classica reliquia in campo melodico.
Amatissimi nella loro terra natia, nella quale contano ancora
un seguito di pubblico che non si è mai arreso, neanche di fronte
all’evidenza dello split prematuro, ma sconosciuti, o quasi, nel
resto d’Europa, gli Androids erano la classica formazione che
reincarnava al meglio lo spirito e le sonorità dell'hair metal
americano di fine anni ottanta, combinando alla perfezione una certa vigorosità
espressiva ed avvincenti aperture melodiche, fra reminiscenze che sapevano in
egual misura di Shotgun Messiah, quelli dei primi due dischi, Treat,
Sha Boom e White Lion.
Scandi rock misto a contaminazioni Aor e class metal, ecco quanto
di buono i cinque nordeuropei in questione avevano da offrirci, una
band che poteva contare anche su di una presenza scenica di tutto
rispetto, elemento che, naturalmente, si integrava alla perfezione
con un song writing longilineo e pregno di momenti topici,
contraddistinto da composizioni sensuali come la lussuriosa “Same
As You”, contraddistinta da un suono caldo ed avvolgente, o della
stessa title track “Let it all out”, che richiama alla memoria la
sensualità dei Danger Danger dell’album di esordio, in un
crescendo davvero emozionale.
Una produzione perfetta riusciva ad esaltare le atmosfere quasi
pacate ed emozionanti tanto che la più tenue “When sun turn sto
rain” da una parte, e quelle del potenziale hit single “Hard
Loving Girl” dall'altra, fomentano ancor di più la predisposizione
easy listening di un lavoro dotato di un airplay radiofonico
compiutamente maturo.
Che dire, “Let it al out” è sicuramente un disco che merita
di essere riscoperto, anche perché la precedente stampa in vinile è
oramai introvabile, quindi quale miglior occasione se non quella di
mettersi alla ricerca della versione in cd stampata qualche anno
addietro dall'australiana Suncity records che, carte alla mano,
potrebbe fare la felicità di ogni melodic rocker degno di nota?
Nessun commento:
Posta un commento