Si, esatto, quello di avere un’esistenza discografica breve, così breve
che, il più delle volte, si risolve con la pubblicazione di un unico
grande disco, a volte magari snobbato e denigrato dalla critica colta,
ma amato visceralmente dai fan di una certa musica per intenditori,
proprio come nel caso del disco di debutto dei qui recensiti Notorious.
Già, non so se a quelli che si stanno accingendo a leggere questa
recensione, il nome della band inglese possa in qualche maniera
risultare familiare, anche se gli artisti che si celano dietro questo
ambiguo moniker, sono naturalmente ben conosciuti al popolo heavy rock
nostrano che non potrà sicuramente soprassedere di fronte alle qualità
interpretative di un vocalist carismatico come il grandissimo Sean
Harris, proveniente dalle fila dagli altrettanto fenomenali Diamond
Head, nonché sul ruolo esercitato dall’enigmatico Robin George,
pregevole polistrumentista/compositore con un passato fra le fila della
Byron band prima, e dei Magnum poi, nonché solista con alcuni pregiati
album alle spalle.
Dunque una formazione che, all’epoca, non poteva sicuramente passare
inosservata, la line up da studio si completava con l’apporto del
session drummer Jim Simpson, musicista che in passato aveva fornito il
proprio apporto agli stessi Magnum, nonché agli Ufo ed ai Budgie e che,
grazie anche all’energia scaturita dal loro melodic rock di estrazione
tipicamente statunitense, era riuscita ad attirare l’attenzione della
potente Geffen records, seriamente intenzionata a lanciare la band sul
mercato americano, tanto da affidarla nelle mani sapienti del rinomato
producer di fama internazionale John Kalodner, famoso per aver curato il
suono dei dischi di artisti rinomati come Journey, Chicago ed Heart.
Un disco dunque nato dalla sinergia creata dall’incontro di alcuni
fra gli artisti più apprezzati della scena anglosassone dell’epoca che
poggiava le sue basi proprio sull’ecletticità del duo Harris/George,
autori in simbiosi di parole e musica di ogni singolo brano dei dieci di
questo strepitoso disco che, secondo chi vi parla, avrebbe meritato
fortuna, sicuramente migliore di quella a cui invece è andato in contro,
finendo ben presto nel dimenticatoio, tanto che la stampa europea
curata all’epoca dalla Bronze, finì fra i forati nel gro di qualche
mese!!!
Eppure, l’appeal sprigionato dai nostri su questo disco era davvero
enorme, e veniva canalizzato all’interno di un suono che faceva proprio
della melodia una delle sue priorità principali, tanto che a parte
l’hard rock vitaminico di “Radio Silence”, caratterizzato da un buon
guitar riffing, gli altri brani si assestano su sonorità delicate ed
alquanto mainstream, proprio come nel caso della soave “Loosing You”
splendido esempio di melodic rock/aor che non può che ricordare i
migliori Journey del periodo “Frontiers”, o le modulazioni armoniche di
“You need more” e quelle più prettamente melodic rock di “Love Fades”,
caratterizzate da partiture vicine al suono cromato ed elegante di FM e
Reo Speedwagon, o la stessa opening track “The swalk”, che si permea di
sonorità al limite del pop rock da classifica, richiamando alla memoria
qualcosa degli australiani Inxs e Midnight Oil, e chi non si ricorda le
figone del video non è un vero rocker.
Intenso e coinvolgente dalla prima all’ultima traccia, dunque un vero
e proprio capolavoro?
Si, in parte, anche se per l’etichetta americana,
“Notorious” rappresentò il classico buco nell’acqua, poiché nel 1990,
anno d’uscita del disco in questione, il fenomeno da baraccone che prese
il nome di grunge, stava lentamente uccidendo il rock melodico, e tutto
quello che gli ruotava attorno, ed i Notorious, dopo la pubblicazione
di un ennesimo singolo, ‘Here We Go’, contenuto nella colonna sonora di
‘Highlander II’, fecero perdere inesorabilmente le loro tracce,
lasciando ben più di un semplice rimpianto del poteva essere e non è
stato…..
Naturalmente se lo trovate in giro, prendetelo, ne vale veramente la pena!!!!
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